Nel nostro millennio l’impatto dell’essere umano sull’ambiente è sempre più visibile ed esteso. Quasi la metà della superficie del pianeta è adibita all’agricoltura e al pascolo permanente, e metà delle foreste tropicali sono distrutte o danneggiate. Scarichi chimici, come liquami e perdite di petrolio, hanno inquinato interi sistemi di acqua salata e dolce. Lo strato di ozono è stato deteriorato gravemente, e le emissioni di anidride carbonica provocano le piogge acide e lo smog, che portano al riscaldamento globale e al cambiamento climatico. Di conseguenza si estinguono vegetali e animali.
Il problema è causato dalla rapida crescita della popolazione e dal suo stesso stile di vita, diventato con il passare del tempo consumista e insostenibile. Mentre infatti nei Paesi in via di sviluppo la popolazione cerca il minimo indispensabile per sopravvivere, nei Paesi industrializzati le abitudini consumistiche dilapidano le risorse preziose lasciando residui tossici.
La distruzione degli ecosistemi non è un fatto recente, ma l’uomo ha iniziato a danneggiare l’ambiente già dalla sua comparsa sulla Terra. Aveva iniziato ad incendiare le Savane africane già 50.000 anni fa e a disboscare foreste 30.000 anni fa. La caccia ha provocato l’estinzione dei grandi mammiferi, già devastati dai cambiamenti climatici dell’Era Glaciale. Dal Neolitico in poi l’uomo divenne sedentario, e iniziò a costruire villaggi e città. Con l’aumento della popolazione però le risorse fondamentali venivano sfruttate in modo più intensivo, fino all’esaurimento, e di conseguenza le civiltà morivano. Un esempio noto è quello degli antichi abitanti della Mesopotamia, che per soddisfare il fabbisogno della popolazione crescente iniziò ad irrigare i campi in modo più frequente, finché il terreno divenne troppo salato per la coltivazione, e la civiltà sparì.
Dunque l’ambiente è stato devastato già dal primo contatto con l’uomo, ma negli ultimi tempi il fenomeno ha assunto ritmi incessanti e frequenti. La deforestazione è in continuo aumento, e attualmente le foreste occupano solamente il 27% del pianeta. La distruzione delle foreste provoca gravi danni ambientali. Le foreste regolano la quantità di ossido di carbonio nell’atmosfera, dunque tagliandole si riduce la capacità del pianeta di assorbile anidride carbonica. Inoltre le foreste stabilizzano le condizioni atmosferiche locali e globali, dunque la deforestazione ha come conseguenza il cambiamento climatico, l’erosione del suolo e l’aumento dei detriti fluviali. L’aumento delle inondazioni in India e Bangladesh è stato infatti provocato dal disboscamento nelle montagne dell’Himalaya, dove nascono molti fiumi indiani.
La principale causa della deforestazione è l’aumento degli abitanti, quindi una più frequente richiesta di legno e derivati. Altri motivi sono la ricerca di nuovi spazi per l’agricoltura, e la raccolta della legna da ardere da cui dipende il sostentamento e il riscaldamento delle popolazioni in via di sviluppo. Anche i Paesi industrializzati disboscano foreste per il legno e di conseguenza per ottenere la carta, a ritmi veramente elevati.
Con questi ritmi di crescita e di sviluppo la deforestazione aumenterà. Il problema potrebbe essere risolto con investimenti nel sociale, utilizzo di tecnologie appropriate, istruzione, sviluppo sostenibile, diminuzione dei consumi. Con procedimenti più efficienti nella produzione e lavorazione si può ridurre la quantità di legna raccolta, e con una politica che faccia pagare i danni della deforestazione si può limitare la domanda di prodotti del legno.
Accanto al problema dei disboscamenti abbiamo quello della scomparsa di specie tra animali, insetti e piante. Ciò è dovuto all’alto tasso di densità di esseri umani e dal loro comportamento. Con la distruzione delle foreste pluviali scompaiono anche le specie che le abitavano; con la bonifica delle terre umide si estinguono altre specie; molti insetti utili vengono uccisi dai pesticidi utilizzati nell’agricoltura, i quali eliminano anche funghi e microrganismi presenti nel suolo.
Sono in declino anche gli ecosistemi marini, a causa della deviazione delle acque, dell’inquinamento, della pesca eccessiva. Le specie marine sono quelle che ricevono meno attenzione rispetto a quelle di terra, e sono quelle più minacciate.
Il numero di uomini e delle loro azioni ha un effetto negativo anche sull’atmosfera, a causa delle sostanze inquinanti che producono smog, piogge acide e assottigliamento dello strato di ozono.
Aumentando le automobili, cresce la domanda di petrolio, carbone e gas naturale, e di conseguenza aumenta l’inquinamento atmosferico e causa il cambiamento climatico globale.
A causa dell’assottigliamento dello strato di ozono, molte più radiazioni ultraviolette colpiscono la Terra e ciò potrebbe danneggiare tutti gli esseri viventi ed avere effetti cancerogeni sull’essere umano.
Il più serio pericolo ambientale causato dall’inquinamento umano è però rappresentato dal cambiamento climatico e dal riscaldamento globale. La temperatura sta cambiando in tutto il mondo, il livello del mare è aumentato e molto frequenti sono i disastri naturali. Ondate di caldo bruciano raccolti, siamo minacciati da tempeste e inondazioni assidue, ma anche dalla siccità. Con il riscaldamento terrestre le calotte di ghiaccio si scioglieranno, il livello del mare salirà e minaccerà le popolazioni delle coste di tutto il mondo.
Il rimedio al disastro imminente è cercare di stabilizzare la popolazione, sviluppare sistemi energetici rinnovabili e che non inquinano, e utilizzare tecnologie sostenibili. Per raggiungere questi obiettivi bisogna collaborare per garantirci un futuro sicuro, sano, positivo.
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